Gran combattimento fra Pinocchio e i suoi compagni: uno de’ quali essendo rimasto ferito, Pinocchio viene arrestato dai carabinieri — КиберПедия 

Историки об Елизавете Петровне: Елизавета попала между двумя встречными культурными течениями, воспитывалась среди новых европейских веяний и преданий...

Семя – орган полового размножения и расселения растений: наружи у семян имеется плотный покров – кожура...

Gran combattimento fra Pinocchio e i suoi compagni: uno de’ quali essendo rimasto ferito, Pinocchio viene arrestato dai carabinieri

2023-02-03 31
Gran combattimento fra Pinocchio e i suoi compagni: uno de’ quali essendo rimasto ferito, Pinocchio viene arrestato dai carabinieri 0.00 из 5.00 0 оценок
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Giunto che fu sulla spiaggia, Pinocchio dette subito una grande occhiata sul mare; ma non vide nessun Pescecane. Il mare era tutto liscio.

– O il Pescecane dov’è? – domandò, voltandosi ai compagni.

– Sarà andato a far colazione – rispose uno di loro, ridendo.

– O si sarà buttato sul letto per fare un sonnellino – aggiunse un altro, ridendo più forte che mai.

Da quelle risposte sconclusionate, Pinocchio capì che i suoi compagni gli avevano fatto una brutta celia, disse loro con voce di bizza:

– E ora? che sugo ci avete trovato a darmi ad intendere la storiella del Pescecane?

– Il sugo c’è sicuro!.. – risposero in coro quei monelli.

– E sarebbe?

– Quello di farti perdere la scuola e di farti venire con noi. Non ti vergogni a mostrarti tutti i giorni così preciso alla lezione? Non ti vergogni a studiar tanto, come fai?

– E se io studio, che cosa ve ne importa?

– A noi ce ne importa moltissimo, perché ci costringi a fare una brutta figura[115] col maestro…

– Perché?

– Perché gli scolari che studiano, fanno sempre scomparire quelli, come noi, che non hanno voglia di studiare. E noi non vogliamo scomparire!

– E allora che cosa devo fare per contentarvi?

– Devi prendere a noia, anche tu, la scuola, la lezione e il maestro, che sono i nostri tre grandi nemici.

– E se io volessi seguitare a studiare?

– Noi non ti guarderemo più in faccia, e alla prima occasione ce la pagherai!..

– In verità mi fate quasi ridere – disse il burattino.

– Ehi, Pinocchio! – gridò allora il più grande di quei ragazzi. – Non venir qui a fare lo smargiasso: non venir qui a far tanto il galletto[116]! Ricordati che tu sei solo e noi siamo sette.

– Sette come i peccati mortali – disse Pinocchio con una gran risata.

– Pinocchio! chiedici scusa dell’offesa… o se no, guai a te!..

– Cucù! – fece il burattino, in segno di canzonatura.

– Pinocchio! la finisce male!..

– Cucù!

– Ora il cucù te lo darò io! – gridò il più ardito di quei monelli.

E nel dir così gli appiccicò un pugno nel capo.

Ma fu botta e risposta; perché il burattino rispose subito con un altro pugno: e lì, da un momento all’altro, il combattimento diventò generale.

Pinocchio, sebbene fosse solo, si difendeva come un eroe. Dove i suoi piedi potevano arrivare e toccare, ci lasciavano sempre un livido per ricordo.

Allora i ragazzi pensarono bene di metter mano ai proiettili; e sciolti i fagotti de’ loro libri di scuola, cominciarono a scagliare contro di lui i Sillabari, le Grammatiche, i Racconti del Thouar, il Pulcino della Baccini e altri libri scolastici: ma il burattino, che era d’occhio svelto, faceva sempre civetta[117] a tempo, sicché i volumi andavano tutti a cascare nel mare.

I pesci, credendo che quei libri fossero roba da mangiare, correvano a frotte a fior d’acqua[118]; ma dopo avere abboccata qualche pagina o qualche frontespizio, la risputavano subito.

Intanto il combattimento s’inferociva sempre più, quand’ecco che un grosso Granchio, che era uscito fuori dall’acqua e s’era adagio adagio arrampicato fin sulla spiaggia, gridò:

– Smettetela, birichini che non siete altro! Queste guerre manesche raramente vanno a finir bene. Qualche disgrazia accade sempre!..

Povero Granchio! Fu lo stesso che avesse predicato al vento[119]. Anzi quella birba di Pinocchio gli disse:

– Chetati, Granchio dell’uggia! Va’ piuttosto a letto!..

In quel frattempo i ragazzi occhiarono lì a poca distanza il fagotto dei libri del burattino, e se ne impadronirono.

Fra questi libri, v’era un volume rilegato in cartoncino grosso, colla costola e colle punte di cartapecora. Era un Trattato di Aritmetica.

Uno di quei monelli agguantò quel volume, e lo scagliò con quanta forza aveva nel braccio: ma invece di cogliere il burattino, colse nella testa uno dei compagni; il quale diventò bianco, e non disse altro che queste parole:

– O mamma mia, aiutatemi… perché muoio!..

Poi cadde disteso sulla rena del lido.

Alla vista di quel morticino, i ragazzi spaventati si dettero a scappare.

Ma Pinocchio rimase lì; e sebbene per il dolore e per lo spavento, anche lui fosse più morto che vivo, nondimeno corse a inzuppare il suo fazzoletto nell’acqua del mare e si pose a bagnare la tempia del suo povero compagno di scuola. E lo chiamava per nome e gli diceva:

– Eugenio!.. povero Eugenio mio!.. apri gli occhi, e guardami!.. Perché non mi rispondi? Apri gli occhi, Eugenio… Se tieni gli occhi chiusi, mi farai morire anche me… O Dio mio! come farò ora a tornare a casa?… Con che coraggio potrò presentarmi alla mia buona mamma? Che sarà di me?… Oh! quant’era meglio, mille volte meglio che fossi andato a scuola!.. Perché ho dato retta a questi compagni?… E il maestro me l’aveva detto!.. e la mia mamma me l’aveva ripetuto: – Guardati dai cattivi compagni! – Ma io sono un testardo! E dopo mi tocca a scontarle… Dio mio! Che sarà di me?

E Pinocchio continuava a piangere, quando sentì a un tratto un rumore sordo di passi che si avvicinavano.

Si voltò: erano due carabinieri.

– Che cosa fai costì sdraiato per terra? – domandarono a Pinocchio.

– Assisto questo mio compagno di scuola.

– Che gli è venuto male?

– Par di sì!..

– Altro che male! – disse uno dei carabinieri, chinandosi e osservando Eugenio da vicino. – Questo ragazzo è stato ferito in una tempia: chi è che l’ha ferito?

– Io no! – balbettò il burattino.

– Se non sei stato tu, chi è stato dunque che l’ha ferito?

– Io no! – ripetè Pinocchio.

– E con che cosa è stato ferito?

– Con questo libro. – E il burattino raccattò di terra il Trattato di Aritmetica per mostrarlo al carabiniere.

– E questo libro di chi è?

– Mio.

– Basta così: non occorre altro. Rizzati subito, e vien via con noi.

– Ma io…

– Via con noi!..

– Ma io sono innocente…

– Via con noi!

Prima di partire, i carabinieri chiamarono alcuni pescatori e dissero loro:

– Vi affidiamo questo ragazzetto ferito nel capo. Portatelo a casa vostra e assistetelo. Domani torneremo a vederlo.

Quindi si volsero a Pinocchio e dopo averlo messo in mezzo a loro due, gl’intimarono:

– Avanti! e cammina spedito!

Senza farselo ripetere, il burattino cominciò a camminare per quella viottola, che conduceva al paese.

Ma il povero diavolo[120] non sapeva più nemmeno lui in che mondo si fosse. Gli pareva di sognare, e che brutto sogno! Era fuori di sé. I suoi occhi vedevano tutto doppio: le gambe gli tremavano. Eppure una spina acutissima gli bucava il cuore: il pensiero, cioè, di dover passare sotto le finestre di casa della sua buona Fata. Avrebbe preferito piuttosto di morire.

Erano già arrivati e stavano per entrare in paese, quando una folata di vento levò di testa a Pinocchio il berretto, portandoglielo lontano una diecina di passi.

– Si contentano – disse il burattino ai carabinieri – che vada a riprendere il mio berretto?

– Vai pure.

Il burattino andò, raccattò il berretto… ma invece di metterselo in capo, se lo mise in bocca fra i denti, e poi cominciò a correre verso la spiaggia del mare. Andava via come una palla di fucile.

I carabinieri aizzarono dietro un grosso cane mastino, che aveva guadagnato il primo premio a tutte le corse dei cani. Pinocchio correva, e il cane correva più di lui: per cui tutta la gente si affacciava alle finestre e si affollava in mezzo alla strada, ansiosa di veder la fine di un palio così inferocito. Ma non potè levarsi questa voglia, perché fra il can mastino e Pinocchio sollevarono lungo la strada un tal polverone, che dopo pochi minuti non era possibile di veder più nulla.


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